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Contro il Covid l'Italia punta sugli anticorpi monoclonali

Farmaci Redazione DottNet | 15/01/2021 21:06

Rappuoli: "Noi iniziamo in febbraio la fase 1 e saremo pronti tra aprile e maggio. Prima di giugno potremmo avere l'approvazione"

A dare l'ok al progetto di ricerca sugli anticorpi monoclonali in Italia è stato il ministro della Salute Roberto Speranza. L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) da oggi promuove uno studio sulla loro efficacia, un lavoro che nasce dalla sinergia tra diversi organi della stessa Aifa (Dg e Cda). I risultati potrebbero portare molto presto all'uso anche in Italia degli anticorpi Usa di Regeneron e Eli Lilly. Il caso più famoso di utilizzo è quello di Donald Trump, trattato nei mesi scorsi - dopo essere risultato positivo al Sars-CoV2 - proprio con quelli di Regeneron. Il protocollo Aifa prevede che la sperimentazione sia rappresentata da anticorpi monoclonali in fase avanzata di sviluppo clinico, dovrà includere almeno due prodotti: bamlanivimab (Eli-Lilly) e casirivimab/imdevimab (Regeneron). Eventuali altri anticorpi potranno essere autorizzati dopo un confronto con l'Agenzia.

Gli anticorpi monoclonali possono essere impiegati per neutralizzare il virus in pazienti non gravi e non ospedalizzati nelle prime fasi dell'infezione.   "Sugli anticorpi le due aziende Usa Lilly e Regeneron sono più avanti di noi. Non hanno ancora avuto l'approvazione definitiva, ma la Food and drug administration (Fda) negli Stati Uniti ha dato l'autorizzazione per l'emergency use, più o meno l'equivalente del nostro uso compassionevole. Noi invece iniziamo in febbraio la fase 1 e saremo pronti tra aprile e maggio. Prima di giugno potremmo avere l'approvazione", ha detto Rino Rappuoli (nella foto), direttore scientifico di Gsk Vaccines e coordinatore della ricerca sugli anticorpi monoclonali di Toscana Life Sciences, l'unica fatta in Italia.  Tra gli anticorpi italiani e quelli americani vi sono delle differenze, anche se entrambi hanno come target la neutralizzazione del virus. "Per quelli Usa ci vuole una grossa dose, basti pensare che a Trump sono stati somministrati 8 grammi del Regeneron per via endovenosa - ha spiegato Rappuoli - mentre il nostro obiettivo è di averne di più potenti e usare dosi più basse: puntiamo a 100 milligrammi in una semplice iniezione che si può fare anche a casa senza andare in ospedale.  Dai dati pubblicati finora, Eli Lilly usa 2,7 grammi, e 0,7 grammi".

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E ancora: "Quelli americani sono monoclonali diversi dai nostri, ma hanno la stessa funzione. Sono confidente che gli anticorpi su cui stiamo lavorando siano capaci di rendere inoffensive anche le varianti del virus". Il lavoro dei ricercatori di Toscana Life Sciences avrebbe dovuto essere pronto per marzo, ma ci sono stati degli slittamenti, sia per la raccolta dei finanziamenti che per la ricerca delle aziende farmaceutiche. La produzione è stata affidata alla Menarini, mentre dell'infialamento si occuperà l'Ibi Lorenzini di Pomezia, "Con i nostri anticorpi abbiamo avuto dei ritardi,ma pensiamo di concludere la sperimentazione di fase 3 entro aprile-maggio e di passare velocemente all'autorizzazione dall'ente regolatore, sicuramente prima di giugno", ha sottolineato Rappuoli. Ma proprio questi rallentamenti hanno fatto nascere l'idea di creare in futuro un Centro di sicurezza nazionale in modo da accorciare i tempi della produzione di anticorpi monoclonali: "Ho già parlato di questo progetto con il Commissario straordinario per l'emergenza Domenico Arcuri - ha aggiunto il microbiologo - certo, non saremo pronti per questa pandemia, ma ci dobbiamo preparare ad altre". "Intanto - ha concluso - spero che arrivino al più presto gli anticorpi di Eli Lilly e Regeneron, così anche gli italiani li avranno a disposizione per curarsi: più ne abbiamo e meglio è".

fonte: ansa

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